di Rosalba Lupo
Teatro Quirino presenta lo spettacolo “Uno,
nessuno e centomila “ di Luigi Pirandello dal 25 al 30 gennaio. Pubblicato nel
’25 a puntate, in versione definitiva l’anno dopo, ma iniziato nel decennio
precedente, l’ultimo romanzo del Genio agrigentino è la summa del suo pensiero,
della sua sterminata riflessione sull’Essere e sull’Apparire, sulla Società e
l’Individuo, sulla Natura e la Forma. L'Autore stesso, in una lettera
autobiografica, lo definisce come il romanzo "più amaro di tutti,
profondamente umoristico, di scomposizione della vita". Attualissimo,
nella descrizione della perdita di senso che l’Uomo contemporaneo subisce a
fronte del sovrabbondare dei macro- sistemi sociali, che finiscono con
l’annullarlo, inglobandolo: dallo Stato alla Famiglia, dall’istituto del
Matrimonio al Capitalismo, dalla Ragione alla Follia.
La scena è abbacinante. Di un bianco
perfetto, luminoso, totale. Una scatola bianca. Ma ad una visione più attenta
capiremo che le pareti non sono così “innocenti” come sembrano. Un’ouverture
dalla quale si dipanano sia la vicenda che il suo commento. Siamo in molti
luoghi, cioè in nessuno. La mente del Protagonista, certo. Ma anche una cella,
una stanza d’ospedale o di manicomio. E’ un luogo “non-luogo”, che però si
riempie subito di visioni. Ecco, allora, che le pareti della scatola, risultano
sì bianche, ma come calcinate. Intonacate da materiale denso, grumoso,
impervio.
L’eleganza formale di un Maestro come
Pattavina: spensierato narratore in “flash-back”. Furente doppio di sé stesso
nelle vicende più dolorose. In questo auto-sostituirsi, c’è persino il
possibile riscatto all’impotenza originaria, all’inanità di una esistenza
precedente, inconsapevolmente sprecata. Una sola attrice - il “femminile”, mutevole,
soggiogante, oscuro ed ambiguo, di Marianella Bargilli, inquieta ed inquietante
- interpreta sia la moglie Dida che la “quasi amante” Maria Rosa,
provocantemente ingenua, in maniera speculare, costretta com’è nel suo disturbo
evitante. E non tragga in inganno la struttura tradizionale del romanzo
d’origine: sì che ribolle delle stesse ferocie familiari che hanno reso
l’autore, l’intelligenza più acuta, crudele, definitiva di tutto il Novecento.
Oggi parleremmo di “disfunzionalità” e “disturbi del comportamento”.
Pirandello, infatti, anticipando di decenni le conclusioni della “Gestalt”,
descrive, in realtà, dei sintomi. Scopre – fra le pieghe di un apparente
“feuilleton” – una vasta rete di disturbi e nevrosi, epitome di un più ampio
malessere, che contagia le società moderne come, tutt’oggi, le intendiamo. Sono
tratti di personalità istrioniche; disturbi “borderline”; disturbi
ego-sintonici, che i personaggi del dramma hanno tramutato in manie compulsive,
in ansie da controllo. Disfunzionalità dell’umore. Sul palco PIPPO PATTAVINA, MARIANELLA
BARGILLI con ROSARIO MINARDI ,MARIO OPINATO,GIANPAOLO ROMANIA. Scene Salvo
Manciagli, Musiche originali Mario Incudine. Regia ANTONELLO CAPODICI